Soazza

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Cenni storici

L’insediamento umano a Soazza risale alla preistoria, come attestano tre macigni che presentano quelle incisioni note con il nome di cuppelle. Il primo si trova poco sopra il villaggio; il secondo a Promestìv a 1300 m s/m ed il terzo nella valle della Forcola, , a Solìva (970 m s/m). Quest’ultimo masso presenta oltre alle cuppelle, canaletti e croci incise, la particolarità di avere un incavo naturale nella parte inferiore, dove il raggio solare entra solamente nella fase del solstizio d’inverno.

Del periodo romano è una fibula di bronzo ritrovata a Soazza nel 1917, conservata la Museo nazionale. Mentre risalgono all’Alto Medioevo una fibula e una lastra bronzee ritrovate in una tomba longobarda nel 1916.

Nel Basso Medioevo Soazza, con il resto della Mesolcina e Calanca, fu un feudo della nobile famiglia dei de Sacco abitanti nel castello di Mesocco che mantennero la loro Signorìa fino al 1480, anno in cui vendettero tutti i diritti che avevano in Mesolcina e Calanca al grande condottiero milanese Gian Giacomo Trivulzio. La dominazione trivulziana durò fino al 1549; prima del citato Gian Giacomo fino al 1518 e poi con il suo erede universale, l’abiatico Gian Francesco Trivulzio. Già nel 1480 Soazza, assieme a Mesocco, di propria iniziativa chiese ed ottenne di entrare a far parte a pieno diritto della Lega Grigia o Superiore.

La ricorrenza del mezzo millennio di appartenenza di Soazza e Mesocco alla Lega Grigia venne festeggiata nel 1980 con diverse manifestazioni. Il resto del Moesano entrò poi a far parte della Lega Grigia nel 1496. Nel 1499 a difesa della comune indipendenza delle Tre Leghe, anche alcuni soldati di Soazza parteciparono, con la potente artiglieria del castello di Mesocco, alla vittoriosa battaglia di Calven contro le truppe dell’Imperatore Massimiliano I d’Austria. Nel 1549 la Mesolcina ottenne la completa libertà dai Trivulzio, pagando un enorme somma di denaro, stabilita in 24'500 scudi d’oro. Il danaro lo si ottenne in prestito da vari Cantoni della vecchia Confederazione. La firma del contratto avvenne a Mendrisio il 2 ottobre 1549. In tale occasione i procuratori che rappresentarono la Mesolcina e che apposero le loro firme e sigilli assieme alla controparte, ossia a Francesco Trivulzio, furono il Capitano Pietro de Sacco di Grono e il Soazzone Antonio Imini. Durante la terribile Guerra dei Trent’anni (1618-1648) furono parecchi i Soazzoni che prestarono servizio militare, in Valle, a Chiavenna, al Sankt Luzisteig. Dopo il 1480 le sorti di Soazza furono sempre indissolubilmente legate a quelle della Repubblica delle Tre Leghe prima, e in seguito al Cantone dei Grigioni. Durante il periodo della dominazione delle Tre Leghe in Valtellina e nei Contadi di Chiavenna e Bormio (1512-1797) furono parecchie le personalità di Soazza che rivestirono le alte cariche nei citati paesi “sudditi”. Furono Vicari a Sondrio (cioè diretti sostituti del Governatore della Valtellina) Giovanni Pietro Sonico nel 1567-1569; Antonio Sonvico nel 1591-1593; il Dottor Rodolfo Antonini nel 1647-1649. Rivestirono la carica di Commissario a Chiavenna: Giovanni Pietro Sonvico nel 1561-1563; il Dottor Giovanni Pietro Ferrari nel 1681-1683; Giuseppe Maria Ferrari nel 1735-1737. Esercitarono l’ufficio di Podestà a Tirano il Dottor Giovanni Pietro Antonini nel biennio 1651-1653 e a Teglio Rodolfo Ferrari nel 1703-1705. Inoltre Clemente Maria a Marca, di Mesocco, figlio di madre soazzona e che aveva sposato Giovanna Ferrari di Soazza ed ottenuto nel 1789 il Vicinato soazzone, cioè la cittadinanza, fu Podestà a Teglio nel 1793-1795 e ultimo Governatore grigione della Valtellina nel 1797. Egli abitava a Soazza e quando morì, nel 1819, fu sepolto nella Chiesa parrocchiale di San Martino a Soazza. Assieme a Mesocco e a Lostallo, Soazza formava nel campo della Giustizia civile e penale il Vicariato dall’Alto, con diritto a 4 Giudici su 30, mentre amministrativamente costituiva la cosiddetta Squadra di mezzo con i comuni di Lostallo, Cama, Leggia e Verdabbio. In base ad una precisa e determinata chiave di rotazione, molti Soazzoni rivestirono le massime cariche nel Vicariato dall’Alto (Landamano, Luogotenente, Fiscale, Cancelliere).


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Storia ecclesiastica

Già nel 1219 è menzionata la chiesa parrocchiale di San Martino a Soazza, nell’atto di fondazione del Capitolo dei Santi Giovanni e Vittore di Mesolcina. Nel 1639 questa chiesa venne ampliata grazie alla munificineza del dotto Rodolfo Antonini. La chiesa filiale di San Rocco è invece menzionata per la prima volta nel 1419. Nell’aprile del 1636 giunsero a Soazza i primi due frati cappuccini e la parrocchia che prima era servita da preti secolari fu in seguito, fino al 1922, curata da due cappuccini. Dopo l’arrivo dei frati si costruì loro un Ospizio nella parte alta del paese, dotato di una cappella. Nel 1751 si costruì ai piedi della scalinata che conduce alla parrocchiale di San Martino una chiesetta nominata della Madonna Addolorata. Sempre nella metà del Settecento Clemente Fulgenzio Maria Toschini fece erigere nella campagna di Dres una cappella dedicata a San Giovanni Nepomuceno, completamente ricostruita quasi cinquanta anni fa. All’imbocco della Valle della Forcola c’è una cappelletta, detta di Scòna, fatta ricostruire dai Soazzoni dopo la tremenda alluvione del 27 agosto 1834, quando la furia scatenata delle acque spazzò via come fuscelli ben 56 stalle ricolme di fieno. In segno di ringraziamento all’Altissimo la popolazione di Soazza fece ricostruire questa cappella con il voto perpetuo di andarvi processionalmente tutti gli anni il giorno di San Bartolomeo (24 agosto). Sia nelle chiese di San Rocco e di San Martino, sia all’Ospizio dei frati ci sono notevoli cose di valore artistico, fra cui un affresco del celebre Francesco Antonio Giorgioli. Soazza ha dato nei secoli parecchi ecclesiastici, fra cui ben tre Prevosti del capitolo di San Vittore: il Dott. teol. Giovanni Sonvico, attivo alla fine del Cinquecento / inizio Seicento e fu anche candidato alla sede vescovile di Coira; il Dott. teol. Francesco Nicolao Maria Toschini (1757-1821) per un quarantennio Prevosto e Giovanni Francesco Toschini (1825-1879), ultimo Prevosto del Capitolo, alcuni dei quali furono anche Vicari foranei di Mesolcina. Don Gioachimo Zarro (1871-1944), per più di quarant’anni Parroco di Roveredo, fu anche molto attivo in campo culturale e fautore della creazione di un Museo moesano. Il Dott. teol. Celestino Zimara (1901-1967) fu un illustre teologo, insegnante di apologetica e di dogmatica nel seminario di Schöneck dei Missionari di Betlemme. Due illustri prelati, discendenti di emigrati soazzoni, furono Monsignor Dott. Ignazio von Senestrei (1818-1906) per quasi 50 anni Vescovo di Ratisbona in Baviera e che fu uno dei protagonisti del Concilio Vaticano I, e l’Abate Filippo de Zuri, capo dell’insigne monastero cistercense di Welehrad in Moravia, dove morì nel 1803.


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Storia economica

L’economia di Soazza è stata legata per secoli alla vita contadina (in special modo all’allevamento del bestiame e alla pastorizia), all’emigrazione e ai traffici di transito. Soazza si trova su quell’asse nord-sud che, attraverso il passo del San Bernardino, unisce la Lombardia e il Piemonte con le zone della Germania meridionale. Inoltre Soazza è anche collegata, attraverso il Passo della Forcola con Chiavenna. La gestione dei trasporti di transito fu monopolio per più di tre secoli dei due Comuni di Mesocco e di Soazza, con evidente beneficio finanziario per i trasportatori locali che disponevano di carri e cavalli. Anche la valle della Forcola era un tempo frequentata per transiti con bestie da soma, su una mulattiera che conduceva da Soazza al villaggio di Gordona nel Chiavennasco. Il bestiame era numeroso e d’estate veniva caricato sui tre alpi del Comune: Pindéira, Crastéira e Béc. Per dare un’idea dell’argomento, dirò che, per esempio, nel 1657 sui tre citati alpi vennero caricate da 101 proprietari le seguenti bestie: 16 cavalli, 468 bovine e 1335 fra capre e pecore. Lo sfruttamento dei prati e campi avveniva ovviamente con l’intensiva fienagione (in una stagione si falciavano i prati almeno tre volte) e con la coltivazione di segale, frumento, miglio, orzo, lino.
Soazza è sempre stato un Comune finanziariamente ricco. Ciò era dovuto in parte anche alle vaste estensioni boschive. Per secoli i boschi di Soazza, di conifere e di latifoglie, vennero ampiamente sfruttati e il legname tagliato inviato con la cosiddetta “flottazione” (sulla Moesa – Ticino – Lago Maggiore) ai clienti lombardi. Il denaro così ricavato veniva poi regolarmente suddiviso fra tutte le famiglie indigene, i Vicini, che oggi noi chiamiamo patrizi. La vita nel Comune era organizzata con leggi e regolamenti, frutto di una estesa autonomia comunale. Tutte le famiglie dovevano mettere a disposizione ogni anno loro esponenti robusti, gratuitamente, per i cosiddetti “lavori di comune” come ad esempio il ripristino dei sentieri che conducevano agli alpi, la pulizia dei pascoli, ecc. (si andava a “sciarscinà”, detto nel dialetto locale).


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L’emigrazione

Soazza ha sempre avuto una forte emigrazione, per il semplice motivo che la magra terra locale non poteva assicurare il pane a tutti i membri delle famiglie che erano un tempo molto numerose. Zone di emigrazione dei Soazzoni furono principalmente tre: Roma, l’Impero austro-ungarico e la Germania, la Francia e il Belgio. A Roma si andava come muratore oppure negoziante di legumi; nell’Impero austro-ungarico ad esercitare il difficile quanto lucroso mestiere dello spazzacamino; in Francia e in Belgio a fare il vetraio e poi in seguito l’imbianchino; in Germania l’attività era nel campo mercantile (negozianti, piccoli banchieri). Almeno dalla metà del Seicento fino ai primi decenni di questo secolo nella città di Vienna il monopolio del mestiere di spazzacamino fu di famiglie provenienti da Mesocco, Soazza e dal Locarnese. Si pensi soltanto che dalla metà del Seicento fino al 1826 l’impresa di spazzacamino alla Corte imperiale di Vienna fu sempre in mani soazzone (famiglie Minetti, Zuri, Perfetta). A Parigi ci furono parecchi “pittori” di Soazza che con la loro impresa di pittura si fecero un’invidiabile posizione. Fra i Soazzoni che emigrano ci furono anche degli Ufficiali e soldati mercenari (basti pensare al Colonnello Giovanni Pietro Antonini, attivo al servizio della Repubblica di Venezia nel primo Seicento, al Capitano Giovanni Martinola, al dragone Vittore Enghelbero Zuri, morto in Polonia al servizio nelle truppe del Principe Löwenstein, al Capitano Giovanni Antonio Antonini, al Capitano Ercole Ferrari e così di seguito). Molti Soazzoni, delle famiglie più abbienti, fecero i loro studi in atenei germanici, tornando poi in paese ad esercitare le cariche pubbliche con una solida preparazione e con un ricco bagaglio di cognizioni. Nei secoli scorsi i Soazzoni avevano capito molto bene quanto fosse importante l’istruzione. Fra gli uomini di Soazza, consultando i vecchi manoscritti, è rarissimo trovare qualche analfabeta. Già dalla metà del Seicento i frati cappuccini tennero sempre scuola a Soazza. La frequenza, dai 6 ai 14 anni (al mattino i maschi, al pomeriggio le femmine), era facoltativa ma il pagamento che ogni capofamiglia con figli in età scolastica doveva effettuare ai frati era obbligatorio, per cui ben si comprende che nessuno avrebbe voluto spendere dei soldi senza usufruire del servizio offerto in cambio!


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